di Andrea Sardi
CAFE’ DOMINGUEZ – Paolo mi dice che la parola del mese è comunicazione. Immagini di uffici marketing, pubblicitari e pubblicità, esperti e tecniche di comunicazione s’addensano nella mente. Vedo la comunicazione finalizzata al conseguimento di obiettivi concreti, strumento di una conquista che si gioca sempre su due piani: quello individuale e quello collettivo. In fondo, come dico spesso, la gente è formata da tanti io. Così come in ogni campo vengono assoldati strateghi e comunicatori di professione, gli opinion makers, per formare l’orientamento della massa e condizionarne la volontà, che sia in favore di una decisione politica già presa o di un prodotto, in modo analogo altri sedicenti esperti ci dicono come comunicare adeguatamente per sedurre una donna o un uomo, per ottenere un lavoro. Non importa cosa senti! Anzi, ciò che senti, ciò che pensi, va dissimulato, per non offrire un vantaggio all’avversario o alla preda. La comunicazione è oggi pura finzione, un disfraz direbbe il Tango, un travestimento. Così mi chiedo: “Cosa c’entra il Tango con la comunicazione?”.
Poi è il Tango stesso che mi viene in aiuto, come spesso accade, e mi suggerisce la parola a lui cara che esprime ciò che lui intende per comunicare: compartir, ovvero condividere.
Sì, perché il Tango ha un animo nobile e sincero: comunica condividendo ciò che è e accogliendo ciò che è. Non importa se questo essere è quello di un anima sconfitta e dolente, a volte malinconica, a volte arrabbiata, così come è l’anima di un bambino ferito. Il bambino che è in ognuno di noi.
“… C’è un tempo in cui si vive e si dimentica, c’è un prima e un dopo che sa di tango, un percorso di nostalgia condivisa, per non so quale miracolo. Voci che se ne sono andate tornano, tenere e care, e riempiono il vuoto del cuore ansioso. Tango per sempre, che ritorna in una ferita d’amore, che prende vita in ogni nota, che diventa una canzone…” [“Por siempre tango”,Tango, Música: Sacri Delfino, Letra: Héctor Negro].
Due immagini mi colpiscono: la vita come un percorso di nostalgia, che si snoda tra un prima e un dopo, quasi l’istante presente fosse solo un soffio impercettibile tra questi due momenti, e quel cenno al miracolo della condivisione, che non è cosa facile, non trovi? Specialmente se ci si rende schiavi di quelle strategie oggi così in auge.
C’è poi quest’altro tango, un’altra condivisione, di cui ti voglio parlare: “Cameriere! Porta un altro bicchiere, e serviti qualunque cosa tu voglia bere. Sono molto solo e sono molto triste, da quando ho appreso la crudele verità… ieri sera, erano insieme, li ho visti accanto… Sono uscito in strada sconcertato, senza sapere come, sono arrivato qui, per chiedere agli uomini saggi cosa devo fare… Dimentica, amico mio, qualcuno mi dirà, ma non riesco a dimenticarla … E se la uccido … non potrò mai vivere senza di lei. Cameriere! Porta un altro bicchiere, e serviti qualcosa che vuoi bere… Vediamo se il vino me la fa dimenticare. Cameriere! porta un altro bicchiere, e serviti qualunque cosa tu desideri bere”. [La copa del olvido, Tango 1921, Música: Enrique Delfino, Letra: Alberto Vaccarezza].
Un tango che ho scelto non solo perché parla di condivisione (condividere qualcosa da bere come premessa rituale, tipica del Tango, alla confessione di un dolore profondo) ma anche per la sua struttura poetica, che ripropone qui in modo molto chiaro la dinamica teatrale insita in ogni testo.
A poco a poco entrano in scena i quattro attori: colui che si confida (l’interprete), chi accoglie la confidenza (qui il cameriere), il sogno perduto (l’amore della donna amata che lo tradisce) e la causa del tradimento (ovviamente l’altro…). Vi è addirittura, appena accennato, il “coro”: gli anziani che danno opposti suggerimenti _ chi di dimenticarla e chi (è sottinteso) di vendicarsi e di ucciderla. Lui resta, incapace di una qualche forma di reazione e di rinascita, scegliendo l’oblio del Sé dolente e l’autodistruzione attraverso l’alcol. Non ti suggeriranno di inserire questa scena in un colloquio di lavoro, o nella conversazione di un primo appuntamento galante, ma dimmi se non hai mai provato un dolore e uno sconforto simile.
Vi è poi un altro tango dove la comunicazione è un lascito universale: un testamento.
“ “È giunto il momento”, sentenziarono le comari, e l’uomo, già morto nel suo presagio, nell’ultimo istante della sua povera vita disgraziata, lasciò al mondo il testamento con queste amare parole, ispirate dal suo livore … “Voglio morire da solo, senza confessione e senza Dio, crocifisso alle mie pene, come abbracciato ad un rancore. Non devo niente alla vita. Non devo niente all’amore: quella mi ha dato amarezza e l’amore, un tradimento… Solo a te, madre lontana, se fossi viva, darei il diritto di accendere quattro candele per il mio addio, e di riversare tutto il tuo petto sulla mia eretica agonia, di piangere sulle mie mani e chiedere il mio cuore..” ” [Como abrazado a un rencor, Tango 1930, Música: Rafael Rossi, Letra: Antonio Podestá].
Un tango amaro, nel quale tuttavia leggo l’amore per la vita, per quanto dura ed ingiusta, ed il tenace attaccamento a questa, proprio in quell’aggrapparsi, come abbracciando un rancore, alla croce delle pene, unica esperienza che il protagonista ha avuto, e che tuttavia lo mantiene in questo mondo, impedendo il distacco definitivo.
Pensa, non è abbracciando il rancore per chi ti ha tradito che mantieni un legame nel tempo?
Come dice un altro tango “Rancore… Non ripetere mai quello che sto per confessarti: rancore, io temo che tu sia amore!”. [Rencor, Tango 1932, Música: Charlo, Letra: Luis César Amadori]
Bene, tocca a me confidarti qualcosa, non credi?
Così scelgo le parole di questo tango che raccontano, accompagnate dalla melodia romantica e delicata dell’orchestra di Osvaldo Fresedo, di un Amore mai dimenticato.
Forse, l’Amore stesso.
“Fu, il meraviglioso sogno azzurro. Quello di quella notte di illusione, ormai lontana… Oggi, che la mia giovinezza se n’è andata, ancora vive nel mio cuore, quel romanzo d’amore… Fiore mai appassito in me, mai… È stato solo un frammento di illusione, che continua nella mia vita, che ha fede nell’Amore!” [Sueño Azul, Tango, Musica e Testo Osvaldo Fresedo e Roberto Ray].
Buon Tango, amico, amica mia.